LUGLIO 2016.
Una serie di lezioni all'interno del nostro
Una serie di lezioni all'interno del nostro
Corso
di Teatro per la Cura della Balbuzie e delle difficoltà espressive,
organizzato dal MOMAMAMO TEATRO.
I poeti lavorano di notte
I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di
loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
(da "Destinati a morire")
Stefano
Raimondi ci legge questa poesia di Alda Merini.
Con
questi versi dà il via alla sua terza lezione del Seminario “La Poesia salva la
Parola”, organizzato dal MOMAMAMO TEATRO, all’interno del Corso di Teatro per
la Cura della balbuzie e delle difficoltà espressive.
Per noi,
è importante assistere alle letture di un poeta, alla sua dizione, alle sue
pause, al suo tono di voce. Anche alle sue emozioni. Di lettore e di poeta.
Questa
lettura è anche il mezzo, il pretesto, il prijom per dirla col
linguaggio dei registi russi dei primi del Novecento, l’introduzione: per
parlarci dell’importanza della parola nella poesia. Non a caso abbiamo dedicato
a questo tema, poesia e parola, tre nostre giornate.
Dice
Raimondi:
1.
La
poesia leva, più che mettere, le parole. Quindi, una capacità di sintesi,
totalmente funzionale all’espressività. Ma anche un omaggio al lettore
(ascoltatore) e alla sua libertà interpretativa, affinché questi se ne
impossessi, la faccia propria e la viva secondo la propria interiorità. Qui sta
il fondamento della comunicazione.
2.
Le parole hanno una storia. La loro storia
personale, ma anche la storia di quel poeta, in quel particolare momento. Le
parole hanno la loro storia e sono la nostra storia, di ognuno di noi.
3.
Le parole hanno un tu.
4.
La parola deve essere responsabile e rigorosa.
5.
Con la parola, ci esponiamo. E non possiamo
farne a meno
E la lettura?
La lettura è un movimento di uscita, che deve anche tornare
indietro. Grazie a chi ci ascolta. La lettura è parte della nostra vita. L’arte
della lettura è un gesto di trasformazione: lèggere non è mai atto puro, c’è
sempre qualcosa di noi, del lettore. La lettura è rivelazione di sé. La lettura
maneggia e manipola il testo. La consapevolezza di questo percorso intimo del
lettore, durante l’atto del leggere, fa della lettura un atto del sé, che,
quindi, dice, manifesta qualcosa di noi.
Quindi la lettura è un
atto di relazione.
Gli
esercizi di lettura nella cura della balbuzie hanno importanza fondamentale,
perché consentono al lettore di stabilire
con il proprio “parlato” un rapporto di conoscenza, quindi di dominio. Un
dominio e una sensazione di potere sul
linguaggio che, poi, si trasferirà anche sulla gestione della conversazione
spontanea, del dialogo con il tu; per
stabilire sincronia tra fonazione e respirazione; per percepire e conquistare,
nell’uso della propria parola, la capacità di “tenere”, dominare, la
trasformazione del pensiero pensato in pensiero parlato, quale è l’atto del
comunicare: un percorso, un processo che devono tener conto dei tempi imposti
dalla fisiologia del linguaggio.
La
lettura, così concepita, porta il lettore alla consapevolezza del proprio
strumento linguistico e di come usarlo, giungendo a una demistificazione della
balbuzie. Il linguaggio si disvela al parlante in tutte le proprie potenzialità. Parlare diventa, allora, un gesto di
ricchezza e creatività e non più un ansiogeno atto cui molto malvolentieri ci
si deve sottoporre. Si impara a giocare e a divertirsi con il proprio linguaggio.
La
lettura della poesia possiede la capacità di accentuare la creatività del
lettore/interprete. La poesia è una composizione che deve essere rispettata dal
lettore. La sua lettura riempie anche lo spazio bianco del foglio, che è spazio
bianco della poesia. Il lettore deve andare a capo secondo i versi, deve
rispettare l’a capo. La lettura
resterà pura lettura: la parafrasi è la morte della poesia. La parola
deve essere sostenuta, data, offerta, letta con lentezza. Ogni verso della
poesia è il peso del romanzo, lì dentro contenuto. Non dobbiamo correre. E
dobbiamo far sentire le parole della poesia. Anche per dare al lettore il tempo
di capire.
E' stata posta una domanda a tutti i presenti, che
dovevano rispondere poi con un breve scritto: cos'è la parola?.
Trascrivo alcune risposte dei nostri partecipanti al
corso.
1. La parola è l'avverarsi del pensiero: il potenziale
si realizza in un percorso senza fine, che è la ricerca di sé con sé e di sé
con gli altri. La parola libera dai vincoli, nel momento stesso in cui ci crea
il vincolo del linguaggio. La gabbia apre le sbarre per farci scoprire le
gabbie, altre, da cui liberarci.
2. la parola è un fluido che permette di porre in
relazione le persone. E' ciò che esprime la nostra musicalità e quella
dell'altro.
3. La parola è un ponte che comunica delle idee da una
a più persone.
4. la parola è una modalità espressiva di sentimenti,
emozioni o anche solo informazioni.
5. Con la parola comunichiamo e, come degli artisti,
ceselliamo il nostro messaggio per esprimere qualcosa di noi.
Ecco, qui di séguito, alcuni appunti presi durante la
lezione di Stefano Raimondi La Poesia salva la Parola, tenuta
presso lo Studio De Pas.
Le Parole pro-fferite creano l'incontro con tutto ciò
che le parole hanno di potenziale. Le parole vengono scelte e trascelte. La
parola poetica si carica di esperienze: io non vedo differenza tra la poesia e la
stretta di mano (Paul Celan), perché la parola va incontro all'altro. E
se noi prestiamo cura alle parole, le parole si cureranno di noi. La parola
diventa, allora, un rimpatrio, perché ci fa tornare a casa, ci permette, cioè di
essere in noi, per gli altri, e quindi riconosciuti, cioè conosciuto anche da
me stesso.La parola è un'aderenza, una pelle.
Le parole si -e
ci- prendono per mano, noi vogliamo
conoscere le parole che ci danno sostanza, e ci fanno "tornare a
casa", consentendoci una sempre maggiore conoscenza di noi stessi.
Le parole vanno protette e la parola va modellata.
Viene quindi posto, ai presenti, questo metaforico
quesito:
Se uno Stato dittatoriale volesse bruciare tutti i dizionari,
quale parola salvereste? Una sola parola da salvare: la vostra, quella con cui
pensate o sperate di poter sconfiggere quella dittatura. Quale parola?
Pensateci anche Voi, che state ora leggendo. Quale
parola?
Stefano Raimondi ci ha raccontato, poi, queste parole
scritte, in prosa, da Antonio Porta: io scrivo poesie per vendicare tutti i
bambini.
La parola si fa traccia: secondo il filosofo francese Emanuel
Lévinas, la parola è una traccia, cioè un reperto, una possibilità di un
ritrovamento. Mentre il tempo diventa il passato che passa, la parola rimane
solida, sempre presente nel tempo: una traccia di noi stessi. A questo si
aggiunge, nella poesia, che la parola, quindi la parola poetica, è carica di
un’esperienza: si carica dell’esperienza del dire, dell’eaperienza del
linguaggio. La poesia crea un deposito di pensiero e di sensazioni in chi la
sente, in chi l’ascolta.
Antonio Porta: Scrivo poesie per vendicare tutti i bambini.
Le persone presenti sono invitate a commentare questa “poesia in prosa”
del poeta contemporaneo A. Porta.
Riporto alcuni interventi:
- Mi ricorda il Piccolo Principe.
- La poesia e le
vicende umane.
- La poesia
imbriglia il bambino. Ed è giusto che lo faccia. Ma, nello stesso tempo,
gli toglie la libertà e la spontaneità comunicativa.
- La poesia libera
tutto.
- Ai bambini è
tolta la libertà da parte del potere del linguaggio, che risiede nel mondo
adulto.
IL MESSAGGIO IN UNA BOTTIGLIA
Osip Mandel'štam
[da: “Dell'interlocutore” in La quarta prosa,1928]
“Ognuno ha i propri
amici.
Perché un poeta non si
dovrebbe rivolgere ai suoi, a persone a lui vicine per natura?
Il navigatore in
difficoltà getta nelle acque dell'oceano una bottiglia sigillata con il proprio
nome e il racconto della propria sventura.
Molti anni dopo, vagando
per le dune, io ritrovo nella sabbia questa bottiglia, leggo la lettera,
conosco la data dell'evento e le ultime volontà dell'annegato.
Ho il diritto di farlo.
Non ho aperto una lettera
altrui.
Il foglio sigillato era
indirizzato a chi avrebbe trovato la bottiglia. L'ho trovata io.
Dunque sono io il
misterioso destinatario!
La lettera non è
indirizzata a nessuno in particolare. Ciò non di meno essa ha un destinatario:
colui che per caso noterà la poesia nella sabbia […]
Quando parliamo/scriviamo
noi cerchiamo il viso dell'interlocutore.
Paul Celan
[da: Allocuzione Premio Brema- 1960]
“La poesia, essendo non
per nulla una manifestazione linguistica, e quindi dialogo per natura, può
essere un messaggio nella bottiglia, gettato nel mare nella convinzione – certo
non sempre sopportata da grande speranza – che esso possa un qualche giorno e
da qualche parte essere sospinto a una spiaggia, alla spiaggia del cuore,
magari.
Le poesie sono anche, in
questo senso, in cammino: esse hanno una meta.
Quale?
Qualcosa di accessibile,
di acquisibile, forse un “TU” o una realtà, aperti al dialogo.”