24 febbraio 2015

LA POESIA SALVA LE PAROLE.

LUGLIO 2016.

Una serie di lezioni all'interno del nostro
Corso di Teatro per la Cura della Balbuzie e delle difficoltà espressive,
organizzato dal MOMAMAMO TEATRO.


I poeti lavorano di notte 

I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,         
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

(da "Destinati a morire")


Stefano Raimondi ci legge questa poesia di Alda Merini.
Con questi versi dà il via alla sua terza lezione del Seminario “La Poesia salva la Parola”, organizzato dal MOMAMAMO TEATRO, all’interno del Corso di Teatro per la Cura della balbuzie e delle difficoltà espressive.
Per noi, è importante assistere alle letture di un poeta, alla sua dizione, alle sue pause, al suo tono di voce. Anche alle sue emozioni. Di lettore e di poeta.
Questa lettura è anche il mezzo, il pretesto, il prijom per dirla col linguaggio dei registi russi dei primi del Novecento, l’introduzione: per parlarci dell’importanza della parola nella poesia. Non a caso abbiamo dedicato a questo tema, poesia e parola, tre nostre giornate.
Dice Raimondi:
1.    La poesia leva, più che mettere, le parole. Quindi, una capacità di sintesi, totalmente funzionale all’espressività. Ma anche un omaggio al lettore (ascoltatore) e alla sua libertà interpretativa, affinché questi se ne impossessi, la faccia propria e la viva secondo la propria interiorità. Qui sta il fondamento della comunicazione.
2.     Le parole hanno una storia. La loro storia personale, ma anche la storia di quel poeta, in quel particolare momento. Le parole hanno la loro storia e sono la nostra storia, di ognuno di noi.
3.     Le parole hanno un tu.
4.     La parola deve essere responsabile e rigorosa.
5.     Con la parola, ci esponiamo. E non possiamo farne a meno


E la lettura?
La lettura è un movimento di uscita, che deve anche tornare indietro. Grazie a chi ci ascolta. La lettura è parte della nostra vita. L’arte della lettura è un gesto di trasformazione: lèggere non è mai atto puro, c’è sempre qualcosa di noi, del lettore. La lettura è rivelazione di sé. La lettura maneggia e manipola il testo. La consapevolezza di questo percorso intimo del lettore, durante l’atto del leggere, fa della lettura un atto del sé, che, quindi, dice, manifesta qualcosa di noi.
Quindi la lettura è un atto di relazione.


Gli esercizi di lettura nella cura della balbuzie hanno importanza fondamentale, perché consentono al lettore di stabilire con il proprio “parlato” un rapporto di conoscenza, quindi di dominio. Un dominio e una sensazione di potere sul linguaggio che, poi, si trasferirà anche sulla gestione della conversazione spontanea, del dialogo con il tu;  per stabilire sincronia tra fonazione e respirazione; per percepire e conquistare, nell’uso della propria parola, la capacità di “tenere”, dominare, la trasformazione del pensiero pensato in pensiero parlato, quale è l’atto del comunicare: un percorso, un processo che devono tener conto dei tempi imposti dalla fisiologia del linguaggio.
La lettura, così concepita, porta il lettore alla consapevolezza del proprio strumento linguistico e di come usarlo, giungendo a una demistificazione della balbuzie. Il linguaggio si disvela al parlante in tutte le proprie potenzialità. Parlare diventa, allora, un gesto di ricchezza e creatività e non più un ansiogeno atto cui molto malvolentieri ci si deve sottoporre. Si impara a giocare e a divertirsi con il proprio linguaggio.
La lettura della poesia possiede la capacità di accentuare la creatività del lettore/interprete. La poesia è una composizione che deve essere rispettata dal lettore. La sua lettura riempie anche lo spazio bianco del foglio, che è spazio bianco della poesia. Il lettore deve andare a capo secondo i versi, deve rispettare l’a capo. La lettura resterà pura lettura: la parafrasi è la morte della poesia. La parola deve essere sostenuta, data, offerta, letta con lentezza. Ogni verso della poesia è il peso del romanzo, lì dentro contenuto. Non dobbiamo correre. E dobbiamo far sentire le parole della poesia. Anche per dare al lettore il tempo di capire.
E' stata posta una domanda a tutti i presenti, che dovevano rispondere poi con un breve scritto: cos'è la parola?.
Trascrivo alcune risposte dei nostri partecipanti al corso.

1. La parola è l'avverarsi del pensiero: il potenziale si realizza in un percorso senza fine, che è la ricerca di sé con sé e di sé con gli altri. La parola libera dai vincoli, nel momento stesso in cui ci crea il vincolo del linguaggio. La gabbia apre le sbarre per farci scoprire le gabbie, altre, da cui liberarci.

2. la parola è un fluido che permette di porre in relazione le persone. E' ciò che esprime la nostra musicalità e quella dell'altro.

3. La parola è un ponte che comunica delle idee da una a più persone.

4. la parola è una modalità espressiva di sentimenti, emozioni o anche solo informazioni.

5. Con la parola comunichiamo e, come degli artisti, ceselliamo il nostro messaggio per esprimere qualcosa di noi.

Ecco, qui di séguito, alcuni appunti presi durante la lezione di Stefano Raimondi La Poesia salva la Parola, tenuta presso lo Studio De Pas.

Le Parole pro-fferite creano l'incontro con tutto ciò che le parole hanno di potenziale. Le parole vengono scelte e trascelte. La parola poetica si carica di esperienze: io non vedo differenza tra la poesia e la stretta di mano (Paul Celan), perché la parola va incontro all'altro. E se noi prestiamo cura alle parole, le parole si cureranno di noi. La parola diventa, allora, un rimpatrio, perché ci fa tornare a casa, ci permette, cioè di essere in noi, per gli altri, e quindi riconosciuti, cioè conosciuto anche da me stesso.La parola è un'aderenza, una pelle.
Le parole si  -e ci-  prendono per mano, noi vogliamo conoscere le parole che ci danno sostanza, e ci fanno "tornare a casa", consentendoci una sempre maggiore conoscenza di noi stessi.
Le parole vanno protette e la parola va modellata.

Viene quindi posto, ai presenti, questo metaforico quesito:
Se uno Stato dittatoriale volesse bruciare tutti i dizionari, quale parola salvereste? Una sola parola da salvare: la vostra, quella con cui pensate o sperate di poter sconfiggere quella dittatura. Quale parola?
Pensateci anche Voi, che state ora leggendo. Quale parola?

Stefano Raimondi ci ha raccontato, poi, queste parole scritte, in prosa, da Antonio Porta: io scrivo poesie per vendicare tutti i bambini.

La parola si fa traccia: secondo il filosofo francese Emanuel Lévinas, la parola è una traccia, cioè un reperto, una possibilità di un ritrovamento. Mentre il tempo diventa il passato che passa, la parola rimane solida, sempre presente nel tempo: una traccia di noi stessi. A questo si aggiunge, nella poesia, che la parola, quindi la parola poetica, è carica di un’esperienza: si carica dell’esperienza del dire, dell’eaperienza del linguaggio. La poesia crea un deposito di pensiero e di sensazioni in chi la sente, in chi l’ascolta.

Antonio Porta: Scrivo poesie per vendicare tutti i bambini. Le persone presenti sono invitate a commentare questa “poesia in prosa” del poeta contemporaneo A. Porta.
Riporto alcuni interventi:
  1. Mi ricorda il Piccolo Principe.
  2. La poesia e le vicende umane.
  3. La poesia imbriglia il bambino. Ed è giusto che lo faccia. Ma, nello stesso tempo, gli toglie la libertà e la spontaneità comunicativa.
  4. La poesia libera tutto.
  5. Ai bambini è tolta la libertà da parte del potere del linguaggio, che risiede nel mondo adulto.



IL MESSAGGIO IN UNA BOTTIGLIA


Osip Mandel'štam
[da: “Dell'interlocutore” in La quarta prosa,1928]

“Ognuno ha i propri amici.
Perché un poeta non si dovrebbe rivolgere ai suoi, a persone a lui vicine per natura?
Il navigatore in difficoltà getta nelle acque dell'oceano una bottiglia sigillata con il proprio nome e il racconto della propria sventura.

Molti anni dopo, vagando per le dune, io ritrovo nella sabbia questa bottiglia, leggo la lettera, conosco la data dell'evento e le ultime volontà dell'annegato.
Ho il diritto di farlo.
Non ho aperto una lettera altrui.
Il foglio sigillato era indirizzato a chi avrebbe trovato la bottiglia. L'ho trovata io.
Dunque sono io il misterioso destinatario!
La lettera non è indirizzata a nessuno in particolare. Ciò non di meno essa ha un destinatario: colui che per caso noterà la poesia nella sabbia […]
Quando parliamo/scriviamo noi cerchiamo il viso dell'interlocutore.

Paul Celan
[da: Allocuzione Premio Brema- 1960]

La poesia, essendo non per nulla una manifestazione linguistica, e quindi dialogo per natura, può essere un messaggio nella bottiglia, gettato nel mare nella convinzione – certo non sempre sopportata da grande speranza – che esso possa un qualche giorno e da qualche parte essere sospinto a una spiaggia, alla spiaggia del cuore, magari.

Le poesie sono anche, in questo senso, in cammino: esse hanno una meta.
Quale?
Qualcosa di accessibile, di acquisibile, forse un “TU” o una realtà, aperti al dialogo.”




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